Uso il segno lasciato dalla capsula di papavero come un pixel naturale per tracciare mappe e un bestiario di animali addormentati.
Un ciclo aperto, un lavoro rituale scandito dal tempo e dalle stagioni, che riprende a ogni fioritura.
Dal 2008 raccolgo le capsule intorno al mio studio, nella campagna toscana frammentata e lontana dalla propria immagine idealizzata, dove le piante spontanee continuano a crescere come una persistenza negli spazi incolti.
Ogni capsula è una matrice naturale diversa dalle altre.
- La raccolta
- Caterina Sbrana, Vanitas, capsule di papavero premute su tela grezza, cm 220×200, 2011, photo credit Gianluca Paoletti
- Caterina Sbrana, Vanitas, capsule di papavero premute su tela grezza, cm 220×200, 2011, photo credit Gianluca Paoletti
- Caterina Sbrana, Vanitas, particolare, photo credit Gianluca Paoletti
- particolare, capsula di papavero premuta su tela di lino
- Vanitas, capsule di papavero premute su carta giapponese, pigmento, cm 90×140, 2013
- Caterina Sbrana, Vanitas, capsule di papavero premute su carta giapponese intelata, inchiostro nero, cm 160×150, 2015
- Particolare dell’esecuzione di un disegno, inchiostro
- Caterina Sbrana, Black dog, capsule di papavero premute su carta, inchiostro nero, cm 20×30, 2016
- Caterina Sbrana, Vanitas, capsule di papavero premute su tela, inchiostro nero, cm 120×100, particolare