Tre momenti di un unico apocalittico evento, compongono questo lavoro.
Tre frames cinematografici, tre sequenze di una storyboard, di una sceneggiatura tridimensionale, che Gabriele ha modellato in argilla rossa in maniera urgente e fresca come un bozzetto.
Non sappiamo cosa sia successo, possiamo vedere cosa succede dopo.
Una grande città in miniatura va a fuoco.
Distruzione e decadenza, l’ entropia della natura che avvolge gli scheletri degli edifici e riprende possesso.
L’uomo non c’è più, le forme di vita che pretendeva di dominare abitano i suoi spazi.
Una immagine apocalittica che abita il nostro immaginario. Possiamo osservare questo lavoro dall’alto, prendendo metaforicamente le distanze, oppure possiamo farci piccoli ed entrare all’interno della città che va a fuoco. O immaginare il rumore della vegetazione che cresce. Oppure possiamo fingere di essere il minuscolo cane e sentire l’aria fresca che ci accarezza il pelo mentre osserviamo le rovine dall’alto nella terza e ultima scena.
In qualsiasi caso non possiamo ignorare quanto questa storia ci appartenga e ci coinvolga.
Da qualsiasi parte la si guardi questa è una storia che è già accaduta e che probabilmente accadrà di nuovo.
L’immagine distopica della prima scena lascia il posto ad un visione finale aperta, inevitabile ma rigeneratrice e quasi rassicurante. Una sorta di utopia in cui l’uomo non è contemplato: la natura che cresce silenziosa.
testo di Caterina Sbrana
- Gabriele Mallegni, Opera catastrofica in tre atti, terra rossa patinata, 2015
- Gabriele Mallegni, Opera catastrofica in tre atti, terra rossa patinata, 2015
- Gabriele Mallegni, Opera catastrofica in tre atti, terra rossa patinata, 2015
- Gabriele Mallegni, Opera catastrofica in tre atti, terra rossa patinata, 2015