… è accolto un cospicuo erbario su carte di piccole dimensioni; da lì si accede a una vasta sala con grandi tele che illustrano radici e tuberi vegetali: due farfaracci (Petasites officinalis Moench), riprodotti specularmente; una patata; altre piante poco note ma diffuse nelle campagne toscane… L’intento che sta alla base di questo tipo di lavoro è infatti proprio quello di mostrare la sana funzionalità biologica della pianta, che gli erbari normalmente congelano in una veste di morte, e di ricrearla attraverso la chimica di cui essa è composta. La terra con cui sono dipinti non a caso proveniva dapprima dall’orto del nonno dell’artista, oggi dai campi circostanti al suo studio. Una materia fondante quindi, ed essenziale della vita personale: la culla, l’humus che ha protetto e fatto nascere le proprie radici, l’ambiente di coltura che ha permesso di crescere per poi avvicinarsi alla cultura. Una cultura, in questo caso quella degli studi a carattere scientifico e sistematico, a cui si tenta ora di restituire energia e vivacità, come una sorta di debito da saldare ma anche come una coraggiosa sfida da lanciare…
Gaia Bindi, testo per il catalogo di Organica, Sakros, Carrara, 2008
- Caterina Sbrana, Tavola botanica-Farfaraccio, fango su tela, cm 192×226, 2008
- Caterina Sbrana, La Grande zolla, fango e succo vegetale su carta, cm 49×35, 2008
- Caterina Sbrana, collezione di semi, fango su carta, 2008
- Veduta della mostra Organica, Sakros, Carrara, 2008